a cura di Mario Leone
Cari amici,
Apro questa rubrica raccontandovi una storiella simpatica raccontatami da un amico.
Lui era in Francia ed ebbe la brillante idea di ordinare, in un bistrot, la Carbonara. Sì lo so, direte voi, che ordini a fare na carbonara in un bistrot? Chiedeteglielo voi, io ancora mi domando come sia stato possibile.
Ad un certo punto arriva il cameriere tutto soddisfatto con un piatto di pasta scotta con sopra un po’ di parmigiano e bacon, e con aria da grande Chef sbatte due uova sopra la pasta e le versa. Avete capito bene, ha sbattuto due uova di fronte a noi e pensava di aver fatto la carbonara. In quell’esatto momento volevo invadere la Francia, riprendermi la Gioconda e vendicare tutti i piatti italiani vilipesi da questi barbari stranieri.
Per questo motivo ho deciso di iniziare questa nuova rubrica con un piatto tipico della tradizione romana, famoso in tutto il mondo.
Vorrei prima soffermarmi sulle origini di questo piatto, che sono alquanto discusse, ma possiamo indicarne due filoni principali: quello angloamericano e quello dei “carbonai”.
La prima storia ci riporta alla Seconda Guerra Mondiale, precisamente tra il 1944 e il 1945. In questo periodo gli angloamericani occuparono Roma e portarono con sé due elementi tipici della loro dieta: le uova ed il bacon. Questa tradizione vuole che i soldati americani combinarono le uova ed il bacon con ciò che era di più facile reperimento a Roma: la pasta ed il pecorino. Da qui nacque la Carbonara. Questa tesi trova le sue fondamenta soprattutto nel fatto che nel classico manuale di cucina romana di Ada Boni, edito nel 1930, la Carbonara non è riportata, quindi la ricetta fino alla Seconda Guerra Mondiale, era sottaciuta a Roma.
Il secondo filone di questa storia trova origine tra gli appennini, precisamente tra il Lazio e l’Abruzzo. Il piatto, infatti, sarebbe stato “inventato” dai carbonai (carbonari in romanesco), i quali lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione, poiché per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era importante avere con sé i viveri necessari. La carbonara in questo caso sarebbe l’evoluzione del piatto detto “cacio e ova”, di origini laziali e abruzzesi, che i carbonari usavano preparare il giorno prima portandolo nei loro “tascapane” e che consumavano con le mani. Il pepe era già usato in buona quantità per la conservazione del guanciale, grasso o lardo usato in sostituzione dell’olio, troppo caro per i carbonai. L’origine abruzzese-appenninica di questo piatto trova un’altra conferma nel nome stesso di questa pietanza. Infatti, il termine carbonada in Abruzzo sta infatti proprio ad indicare la pancetta, vale a dire carne di suino salata e cotta sui carboni.
Fatta questa interessante premessa storica, passiamo ora alla preparazione del piatto.
Per la preparazione per 2 persone servono:
- 5 tuorli di uova FRESCHE (2 a persona più uno), con buona pace di chi usa anche l’albume;
- 50 grammi di pecorino;
- 50 grammi di parmigiano;
- 300 grammi di pasta (io vi consiglio le mezze maniche, quelle che a Roma vengono chiamati i bombolotti);
- 100 grammi di Guanciale fresco – cercate di evitare il più possibile la pancetta;
- Olio q.b.;
Iniziamo con il mettere l’acqua sul fuoco, fino a portare l’acqua a bollore.
Nel frattempo prendiamo una ciotola grande, così è più facile lavorarci, e ci mettiamo i tuorli, il pecorino ed il parmigiano e li cominciamo a mescolare fino a quando non diventano una crema. Non bisogna assolutamente cuocere questa crema, altrimenti si fa o una pappetta o una frittata.
Ora, so che alcuni di voi staranno pensando “Ao, ma naa carbonara ci vole er pecorino, non il parmigiano”. Vero, avete ragione, la ricetta originale vuole ciò, ma il problema è che sala molto e non a tutti piace, e già il guanciale e la pasta sono salati. Per mitigare ciò, conviene mettere anche il parmigiano insieme al pecorino.
Fatta la crema, prendiamo una padella antiaderente e ci versiamo un po’ di olio e non appena pronto ci mettiamo il guanciale affettato. Attenzione al guanciale perché è importante che sia croccante, quindi né morbido né, appunto, “na carbonella”.
Non appena pronto il guanciale, lo mettete nella ciotola con la crema e miscelate il tutto fino a quando non si forma una cremina di colore giallo scuro. Questo colore è fondamentale perché significa che il guanciale ed il suo olio si sono amalgamati bene con la crema fatta in precedenza. Quando la carbonara è troppo gialla, significa che chi l’ha fatta è andato al risparmio. La carbonara light, come il philadelphia nun se po’ sentì. Sul cibo quando si sgarra, si deve sgarrare bene.
Nel frattempo l’acqua starà bollendo e buttiamo la pasta nella pentola. Non appena questa è pronta, la scoliamo e la buttiamo dentro la ciotola e la mescoliamo con tanta calma e pazienza. In cucina ci vuole amore e pazienza, quando si cucina di fretta e senza amore le cose perdono sapore.
Una volta mescolato il tutto, la nostra Carbonara è pronta per essere servita.
Alcuni di voi staranno pensando al pepe nero. Io non lo metto per due motivi, anche se parte della tradizione vuole ciò. Il primo è che è già presente nel guanciale, quindi non vedo il motivo di mettere ancora pepe nero. Questo alimento, preso in dosi eccessive, è tossico per il nostro intestino ed è facile avere una intossicazione da pepe nero, e fidatevi “so dolori”. Il secondo è che il pepe nero copre i sapori dei prodotti non freschi, infatti in molti ristoranti trovate una Carbonara che è nera, tanto che ne hanno messo. Quando trovate troppo pepe nero dovete allarmarvi, perché significa che le uova o il guanciale non sono freschi e stanno cercando di coprirlo.