A cura di Elio Simone La Gioia
“Ripartiamo dalla scuola e dall’università!”. Queste poche parole bastano a politici ed intellettuali per servire primo, secondo e contorno nei talk show e sulla carta stampata. Per rendere l’idea potremmo dire che ci troviamo di fronte ad un “andrà tutto bene” che si reitera sempre più spesso. In realtà le cose nella scuola e nell’università non vanno bene per niente.
A pochi giorni di distanza sono stati pubblicati due rapporti con risultati molto preoccupanti. La prima ricerca, condotta dal Laboratorio dell’adolescenza, ha intervistato duemila studenti di età compresa tra i 13 e i 18 anni, i risultati molto interessanti evidenziano che il 62% dei ragazzi durante il corso dell’anno non ha letto nemmeno un libro, solo una quota minoritaria ha letto due testi. Sono dati scoraggianti ma non sorprendenti. In questo contesto non dobbiamo meravigliarci se il report elaborato dall’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, INVALSI per i comuni mortali, evidenzia come la maggior parte degli studenti italiani, non è in grado di comprendere un testo se non in maniera superficiale. Sulle competenze in area matematica e linguistica stendiamo un velo pietoso.




La scuola italiana ha molti problemi e questo lo sappiamo bene. Ma cosa può interessare a noi studenti universitari? Anche qui ci vengono in aiuto i dati. L’Italia è tra gli ultimi posti per tasso di laureati e questo avviene proprio partendo dalla scuola. Non possiamo ignorare infatti che in alcune zone del Paese, soprattutto nelle aree meno sviluppate del Sud e delle Isole, la percentuale di dispersione scolastica raggiunge quasi il 30%. Ragazzi e ragazze che non completano la scuola secondaria di secondo grado e qualche volta nemmeno quella di primo grado.
C’è però un dato nascosto di cui a mio avviso si parla poco, la dispersione scolastica implicita. Questi ragazzi non hanno formalmente lasciato la scuola, magari sono anche seduti al primo banco e non si assentano nemmeno un giorno, ma hanno le stesse competenze di chi ha deciso di interrompere il percorso scolastico. Questo è un dato inaccettabile. Cittadini e cittadine che nonostante l’assidua partecipazione alle lezioni non sono pronti per affrontare l’università, da qui nasce il fenomeno dei NEET: giovani che non studiano, non lavorano e non sono in ricerca.
Come si può affrontare un esame universitario se non si hanno le competenze di lettura necessarie per la comprensione di una manuale? Si dovrebbe ripartire in maniera seria dalla scuola. Ma come? Non lo so io, non lo sanno i docenti, non lo sanno i politici ed evidentemente non lo sanno nemmeno i ministri che si sono susseguiti sia al Ministero della Pubblica Istruzione che a quello dell’Università e della Ricerca.
Abbiamo bisogno in questo tempo di profeti non di parolai, altrimenti potremmo continuare con la propaganda del “ripartire dalla scuola e dall’università”, ma la cruda realtà sarà quella di giovani-adulti impreparati ad affrontare le sfide che attendono il Paese, specialmente dopo l’emergenza pandemica.
“Mi rendo conto che il tempo vola” canta Vasco in Stupendo, speriamo che sia proprio questo il futuro della scuola e dell’università: un terreno stupendo perché fertile.