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Ambiente, una vittima silenziosa della guerra

A cura di Ilaria Mitrugno

Nonostante non occupi più le prime pagine dei giornali, la guerra in Ucraina continua a produrre, oltre al crescente numero di vittime civili, devastanti conseguenze ambientali ed economiche. Secondo un’analisi condotta dal governo ucraino si registrano più di 5 mila morti e si stima che i danni economici per il Paese superino i 500 miliardi di euro.

L’organizzazione ucraina Ecoaction ha rilevato ben 514 potenziali impatti ambientali causati dall’aggressione della Russia sul territorio. Effetti che riguardano principalmente:

–           la distruzione di impianti industriali e conseguente dispersione di fumi tossici

–           l’ecosistema marino e la biodiversità

–           la sicurezza energetica

La regione del Donbass è sede di quasi la metà dei 465 siti di stoccaggio per rifiuti industriali. In quelli che sembrano ampi stagni, vengono in realtà versati gli scarti e le sostanze tossiche prodotte dall’industria mineraria, chimica ed energetica della regione. Ad oggi, molte di queste imprese sono state abbandonate o sono andate in rovina, riempendosi così di materiali inquinanti e talvolta radioattivi

Se da un lato i dati sono importanti per capire cosa stia accadendo, questi non hanno la stessa risonanza e potenza delle immagini. 

L’immagine di una inquietante colonna di fumo, diffusa dalla BBC, ha destato la preoccupazione di molti, soprattutto dei cittadini finlandesi vicini al confine russo, che per primi hanno denunciato il fatto.    

Il gesto della Russia di bruciare 4 milioni di metri cubi di gas al giorno  nella stazione di Portovaya, per un valore economico di 10 milioni di euro, sembrerebbe un modo per affermare la sua egemonia. In realtà, secondo alcuni esperti, la multinazionale Gazprom starebbe facendo ricorso al cosiddetto gas flaring, una pratica utilizzata solitamente dalle compagnie energetiche al fine di liberarsi facilmente del gas inutilizzato, causando così una colonna di fumo.

In particolare, il ricorso a questa tecnica sarebbe dovuto all’impossibilità di gestire enormi quantità di gas a causa di malfunzionamenti del gasdotto Nord Stream 1. Un’inefficienza dovuta probabilmente all’embargo commerciale da parte dell’UE che non permetterebbe all’azienda di sostituire le componenti necessarie alla riparazione dell’impianto.

Non si può affermare con sicurezza se sia stata una scelta di carattere tecnico o una strategia adottata dal governo russo. Ad ogni modo, gli scienziati si sono dichiarati preoccupati per l’emissione di grandi volumi di anidride carbonica e fuliggine, i cosiddetti black carbon. Più precisamente Petteri Taalas, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, ha chiarito che ciò porterebbe allo scioglimento del ghiaccio artico, accelerando così il riscaldamento globale nelle regioni settentrionali. 

È evidente che superare la crisi energetica ed economica è una necessità, ma il problema ambientale non è da meno. Non si deve dimenticare che sono proprio i danni all’ecosistema a provocare le peggiori conseguenze a lungo termine. Non si sa con certezza quando questa guerra avrà fine, ciò che è certo però è che a pagare il prezzo più caro saranno sempre l’ambiente e le future generazioni.

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